Tra le brumose montagne del Bhutan, dove antichi monasteri si celano tra cascate fragorose, dimorava una giovane donna di nome Drukmo. Viveva in un eremo solitario, votata alla pratica della meditazione e alla ricerca della quiete interiore. Drukmo era nota per il suo animo gentile e l’incrollabile devozione; tuttavia, una sottile inquietudine permaneva nel suo cuore. Aveva la sensazione che una parte di esso rimanesse chiusa, simile a un bocciolo di loto serrato, incapace di dispiegarsi pienamente.
Un giorno, giunse all’eremo un mendicante errante, conosciuto unicamente come il Lama Sonam. Era un uomo anziano, il cui viso recava i solchi della saggezza e i cui occhi irradiavano una quiete arcana. Non portava con sé altro che un bastone consumato e una piccola ciotola per la questua. Scorgendo la malinconia silenziosa di Drukmo, il Lama Sonam le si avvicinò con dolce premura. “Sento un anelito nel tuo cuore, fanciulla,” disse, con una voce soave come il fruscio delle bandiere di preghiera nel vento, “percepisco un desiderio verso qualcosa di più grande”. Drukmo, dapprima esitante, si confidò con il Lama. “Maestro,” sussurrò, “mi sono votata al sentiero spirituale, eppure sento che il mio cuore resta chiuso. Non riesco ad aprirmi completamente all’amore, alla letizia, a quella sconfinata compassione di cui leggo nelle sacre scritture”.
Il Lama Sonam sorrise con fare sapiente. “Il cuore,” spiegò, “è come un fiore di loto. Cresce dal fango delle nostre esperienze, attraverso le acque torbide delle nostre emozioni, aspirando alla luce. A volte, il bocciolo rimane chiuso, tenuto saldo dalla paura, dal dolore, dall’illusione della separazione”. Narrò quindi a Drukmo una storia. “Un tempo, esisteva un meraviglioso fiore di loto,” iniziò, “che cresceva in un piccolo stagno, circondato da alte canne. Il loto bramava sbocciare, dischiudere i suoi petali al sole, ma era timoroso. Aveva visto la durezza del mondo, le tempeste che si abbattevano sullo stagno, gli insetti che cercavano di divorarne i delicati petali. Così, rimaneva serrato, proteggendosi da ogni offesa”.
“Un giorno,” proseguì il Lama, “una brezza soave accarezzò lo stagno, recando con sé il profumo di fiori lontani. La brezza sussurrò al loto: ‘Non temere. Il mondo non è solo asprezza e sofferenza. C’è anche bellezza, c’è anche amore. Schiudi il tuo cuore e scoprirai il vero significato della vita’. Esitante, il loto cominciò a schiudere i suoi petali, uno dopo l’altro. Mentre lo faceva, avvertì il calore del sole sul suo corpo, la carezza delicata della brezza, la fragranza soave dei fiori circostanti. Scoprì un universo di splendore e gioia che non aveva mai conosciuto prima”.
Lama Sonam guardò Drukmo con dolcezza. “Proprio come il loto,” disse, “il tuo cuore custodisce immensa bellezza e potenziale. Ma deve desiderare di aprirsi, liberarsi dalla paura e accogliere la luce”. Quindi, guidò Drukmo attraverso una serie di meditazioni, focalizzandosi sulla coltivazione della benevolenza, della compassione e del perdono. Le insegnò a visualizzare il suo cuore come un bocciolo di loto, che dischiudeva lentamente i suoi petali, uno dopo l’altro, rilasciando ogni tensione o opposizione che lo tratteneva.
Drukmo praticò con diligenza, giorno dopo giorno. All’inizio fu arduo. Le antiche paure e insicurezze riaffioravano, tentando di mantenere il suo cuore serrato. Ma con pazienza e perseveranza, imparò ad accogliere con gentilezza queste sensazioni, a osservarle senza giudizio e a lasciarle andare. Pian piano, gradualmente, cominciò ad avvertire un cambiamento dentro di sé. Una sensazione di calore iniziò a diffondersi nel suo petto, un senso di apertura e connessione. Si scoprì a vivere momenti di letizia profonda, di intensa compassione per ogni essere vivente.
Una mattina, mentre i primi raggi del sole penetravano attraverso la finestra dell’eremo, Drukmo era immersa nella meditazione. Visualizzò il suo cuore come un fiore di loto, pienamente sbocciato, che irradiava una luce soffusa e dorata. Un’ondata di amore puro la pervase, un sentimento di illimitata pietà per tutte le creature. Lacrime di gioia le solcarono il viso. Finalmente, aveva aperto il suo cuore. Comprese allora che lo schiudersi del cuore di loto non era una meta, bensì un percorso, un continuo processo di apertura all’amore, alla gioia, alla compassione. Si trattava di rinunciare alla paura e di accogliere la luce che dimorava interiormente.
Interpretazione:
Questo racconto adopera la metafora del fiore di loto per rappresentare il cuore umano e la sua potenzialità di risveglio spirituale. Il loto, che nasce dalle acque fangose e si trasforma in un fiore meraviglioso, simboleggia il cammino della trasformazione e lo sviluppo del potenziale intrinseco.
- Potenziale interiore: La narrazione sottolinea come dentro ognuno di noi risieda un’immensa capacità di amore, gioia e compassione, simboleggiata dal bocciolo di loto.
- Superamento degli ostacoli: Le “acque fangose” rappresentano le difficoltà, le paure e le emozioni negative che possono ostacolare la nostra crescita spirituale. Il superamento di questi impedimenti è necessario affinché il cuore possa fiorire appieno.
- Il potere dell’apertura: L’atto del loto che dischiude i suoi petali simboleggia l’apertura del cuore all’amore, alla compassione e alla connessione. Questa apertura esige che ci si liberi dalla paura e si accolga la vulnerabilità.
- Crescita continua: Lo schiudersi del cuore di loto non è un evento isolato, ma un processo continuo di crescita e trasformazione. Esige pratica costante, pazienza e clemenza verso se stessi.
Il racconto incoraggia chi legge a guardare dentro di sé, a riconoscere la possibilità di amore e compassione che alberga nel proprio cuore. Ispira a intraprendere il percorso dell’apertura del cuore, lasciando andare la paura e accogliendo la luce che brilla dentro di sé. Ci ricorda che persino in mezzo alle difficoltà, abbiamo l’abilità di far sbocciare il nostro più autentico potenziale.